Durante la sua seduta del 20 Aprile 2017, la Conferenza Stato Regioni ha espresso il suo parere sullo schema di decreto legislativo volto a reintrodurre l’indicazione obbligatoria in etichetta della sede e dell’indirizzo dello stabilimento di produzione.
Lo schema di decreto legislativo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 17 marzo 2017, è stato predisposto sulla base della delega contenuta nella Legge di delegazione europea 2015 (L. 12 agosto 2016, n. 170) ed è volto ad adeguare l’ordinamento nazionale alle disposizioni del Regolamento 1169/2011/EU sulla fornitura d'informazioni sugli alimenti ai consumatori.
La reintroduzione dell’obbligo e del sistema sanzionatorio
L’indicazione della sede e dello stabilimento era prevista, in passato, dall’art. 3 lett. f ) del D.lgs. 109/1992 secondo cui i prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore finale dovevano riportare, tra le altre, l’indicazione della sede e dello stabilimento di produzione o di confezionamento. La previsione di tale obbligo a livello nazionale era consentita dall’art. 3 par. 2 della Direttiva 2000/13/CE, abrogata dal Reg. 1169/2011/EU, che affermava che gli Stati membri potevano “mantenere le disposizioni nazionali che impongono l’indicazione dello stabilimento di fabbricazione o di condizionamento per la loro produzione nazionale”.
Tuttavia, con l’entrata in vigore del Reg. 1169/2011/EU che ha dettato disposizioni uniformi in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, questa disposizione e le relative sanzioni sono divenute inapplicabili, con conseguente libertà da parte dell’operatore del settore alimentare, di fornire o meno questa informazione.
Lo schema di decreto legislativo presentato dal Consiglio dei Ministri si compone di 9 articoli e prevede l’indicazione obbligatoria sull’etichetta della sede e dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento per i prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale o alle collettività. Lo scopo del decreto non è solo garantire una corretta e completa informazione al consumatore, ma anche quello di consentire una migliore e immediata rintracciabilità dell’alimento da parte degli organi di controllo.
Lo schema di decreto disciplina altresì il sistema sanzionatorio attraverso la previsione di tre fattispecie di violazione configurabili a carico del soggetto tenuto al rispetto dell’obbligo, con ciò intendendosi il produttore o confezionatore, se diverso dal produttore. In particolare, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, sono soggetti a una sanzione amministrativa pecuniaria che varia dai 2.000 ai 18.000 euro, sia la mancata indicazione della sede o dello stabilimento che la mancata indicazione dello stabilimento effettivo (attraverso punzonatura), in caso di più stabilimenti. La mancata indicazione della sede, secondo le modalità di presentazione di cui all’art. 13 del Reg. 1169/2011/UE, è, invece, punita con una sanzione amministrativa pecuniaria che varia dai 1.000 agli 8.000 euro.
In base all’articolo 6 dello schema di decreto, la competenza sanzionatoria spetta al Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Il potere di accertare la violazione è attribuita agli organi, sia a livello centrale che locale, oltre che agli ufficiali e agli agenti di Polizia giudiziaria.
Il parere della Conferenza Stato Regioni
La Conferenza Stato Regioni ha condizionato l’espressione del parere favorevole sul provvedimento all’accoglimento di alcune modifiche. In particolare, la Conferenza ha proposto una significativa riduzione delle sanzioni pecuniarie previste in caso di violazione: la mancata indicazione della sede e dello stabilimento dovrebbe essere punita con una sanzione amministrativa che varia dai 1.600 ai 9.500 euro, in luogo dei 2.000 – 18.000 euro originariamente previsti. Mentre la sanzione in caso di mancata indicazione dello stabilimento effettivo, in caso di più stabilimenti, dovrebbe variare dai 600 ai 3.500 euro in luogo dei 2.000 – 18.000 euro originariamente proposti. Più miti sono le sanzioni proposte anche in caso d'irregolarità nella presentazione delle informazioni, ridotte a un massimo di 3.500 euro.
Quanto, infine, alla competenza sanzionatoria, la Conferenza ha proposto la soppressione dell’intero articolo 6 che individuava quale soggetto competente l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Quanto, infine, alle disposizioni transitorie, mentre lo schema di decreto prevedeva l’applicazione del decreto legislativo decorsi 180 giorni dalla sua entrata in vigore, la Conferenza ha proposto sostituire i 180 giorni con 12 mesi.
Lo schema di decreto è attualmente al vaglio di Camera e Senato prima della definitiva approvazione.
L'articolo fa parte della newsletter Flash Food di giugno 2017.