Amminoacidi contenuti in integratori alimentari – Analisi del rischio e principio di precauzione

Corte di Giustizia, 19 gennaio 2017, causa C-282/15 del Queisser Pharma GmbH & Co. KG contro Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania)

La Corte di Giustizia Europea si è recentemente pronunciata sulla compatibilità con i principi comunitari (segnatamente il regolamento (CE) n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e il regolamento (CE) n. 1925/2006 sull’aggiunta di vitamine e minerali e di talune altre sostanze agli alimenti) di una normativa nazionale che vieta indistintamente di produrre, trattare o immettere in commercio qualsiasi integratore alimentare contenente amminoacidi non autorizzati e che prevede la concessione da parte dell'autorità nazionale competente di deroghe temporanee a tale divieto anche nel caso in cui sia dimostrata l’innocuità di una sostanza.

La fattispecie sottoposta all'attenzione della Corte origina dal diniego dell'autorità amministrativa competente a concedere una deroga al divieto di produrre ed immettere sul mercato un integratore alimentare contenente un particolare amminoacido. In tale contesto, viene chiesto alla Corte di pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario della normativa nazionale, introdotta già negli anni '70, che vieta in maniera generale l'utilizzo di amminoacidi negli alimenti.

Preliminarmente, la Corte ha dichiarato che il regolamento n. 1925/2006 non trova applicazione nel caso di specie. Infatti, gli amminoacidi non sono specificamente disciplinati da detto regolamento ma rientrano nella definizione di "altre sostanze". In quanto "altre sostanze", gli Stati membri possono in linea di principio, continuare ad applicare le norme nazionali – vigenti all'epoca di entrata in vigore del regolamento – relative al divieto di utilizzo degli amminoacidi negli integratori alimentari che esistevano al momento dell’entrata in vigore di detto regolamento. Tuttavia tale regolamento non esclude l'applicazione di altre disposizioni specifiche adottate dall'Unione Europea e in particolare le disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 178/2002.

In particolare, la Corte ha confermato il principio secondo il quale nessun alimento può essere immesso sul mercato se è a rischio, vale a dire se è dannoso per la salute o inadatto al consumo umano. Pertanto, in assenza di specifiche disposizioni dell'Unione Europea, trovano applicazione le leggi nazionali in tema di sicurezza degli alimenti, per cui un alimento è considerato sicuro se conforme alle specifiche disposizioni di uno Stato membro che devono comunque rispettare i principi dell'Unione Europea di analisi del rischio e di precauzione previsti dagli articoli 6 e 7 del regolamento (CE) n. 178/2002.

La valutazione del rischio deve fondarsi su elementi scientifici e deve essere svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente. Quanto al principio di precauzione, secondo la giurisprudenza comunitaria, lo stesso presuppone, in primo luogo, l'individuazione delle conseguenze potenzialmente dannose per la salute e, in secondo luogo, una valutazione complessiva del rischio per la salute basata sui dati scientifici disponibili più affidabili e sui risultati più recenti della ricerca internazionale (Commissione/Francia, C-338/08). Conseguentemente, ove non sia possibile determinare con certezza l'esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute, il principio di precauzione giustifica l'adozione di misure restrittive, purché non discriminatorie, oggettive e proporzionate allo scopo.

In tal senso, i sistemi nazionali che prevedono la necessità di una preventiva autorizzazione per l'immissione in commercio sono in astratto compatibili con il diritto dell'Unione Europea, poiché coerenti con i principi di analisi del rischio e di precauzione, dovendosi riconoscere la facoltà di uno Stato membro di adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate l'effettività e la gravità dei rischi per la salute umana.

Tuttavia, nel caso di specie, la Corte osserva che la legislazione tedesca non sembra rispettare i requisiti richiesti dalla normativa dell'Unione Europea: infatti, mentre i rilievi e l'analisi del rischio effettuati dal governo tedesco riguardano alcuni specifici amminoacidi, la legislazione nazionale colpisce tutti gli amminoacidi e i loro derivati, senza distinzione alcuna. Pertanto un regime di autorizzazione preventiva generalizzato per tutti gli amminoacidi, quale quello previsto dalla normativa tedesca, non sarebbe giustificato dai principi del diritto dell'Unione Europea, perché sproporzionato rispetto all'obiettivo di protezione della salute pubblica posto che si applica anche nei casi in cui è dimostrata l'innocuità di una sostanza.

In sintesi il principio di precauzione rappresenta allo stesso tempo il fondamento e il limite dei regimi di preventiva autorizzazione, potendo gli stessi operare solo e nei limiti in cui vi è incertezza scientifica sulla sicurezza di alcune sostanze.

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